Diario Creativo Meets Chiara Valentina Segré

DIARIO CREATIVO MEETS
Chiara Valentina Segré
Responsabile Supervisione Scientifica di Fondazione Umberto Veronesi

Il 15 febbraio è la Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile (quest’anno ricorre la 23esima edizione). Una giornata voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per informare e portare all’attenzione la tematica dei bambini e degli adolescenti con tumore e fondata sulla convinzione che ogni bambino con il cancro meriti la migliore assistenza possibile.

Per sostenere questo tema, nel 2014 il Prof. Umberto Veronesi diede vita, all’interno della Fondazione che porta il suo nome, a Gold for kids, il progetto per sostenere l’oncologia pediatrica e degli adolescenti attraverso il finanziamento di nuovi protocolli di cura capaci di garantire ai piccoli pazienti un accesso immediato alle migliori terapie a livello internazionale.

Un progetto necessario perché si concentra sul futuro di bambini e ragazzi e che FILA da anni sostiene con convinzione – attraverso il marchio GIOTTO – sia finanziando la ricerca sia donando ai bambini e agli adolescenti ospedalizzati kit creativi per dare libero sfogo alla propria creatività attraverso carta e colori.

Un percorso condiviso di inclusione e condivisione. Per colorare insieme la speranza e la ricerca scientifica.

Se il ruolo della ricerca è fondamentale, non meno importante è quello della divulgazione e della comunicazione della scienza. Ne abbiamo parlato con Chiara Valentina Segré - Responsabile Supervisione Scientifica di Fondazione Umberto Veronesi, appassionata scienziata, comunicatrice oltre che scrittrice di libri per ragazzi.

Condividiamo con piacere la sua visione “dell’essere ponte tra il mondo della ricerca e la società”, del ruolo femminile nella scienza e della sua opinione dell’uso combinato di fantasia e rigore per aprirsi alla scoperta.

  • Ci può raccontare il suo percorso dalla ricerca alla divulgazione scientifica?

Fin dalla scuola primaria, sono sempre stata affascinata dalle materie scientifiche, per me il miglior strumento per conoscere il mondo. Così, dopo il liceo scientifico e la laurea in Biologia, mi è venuto naturale proseguire col lavoro a bancone, in laboratorio. Mi sono occupata per quasi otto anni di ricerca sul cancro, conseguendo anche un dottorato. Ma fin dagli anni dell’università ho sempre avuto anche un afflato verso la divulgazione, lo slancio di gettare un seme di curiosità e meraviglia anche in chi non è del mestiere. Scrivevo di scienza, progettavo e animavo laboratori didattici a tema scientifico, fino a quando ho avuto il coraggio di fare il “grande salto”. Ho conseguito un master in Giornalismo e Comunicazione della scienza all’Università di Ferrara e nel 2014 sono approdata a Fondazione Umberto Veronesi, dove ho potuto dedicarmi a tempo pieno alla divulgazione scientifica.

  • Di che cosa si occupa in Fondazione Umberto Veronesi? Quali sono gli obiettivi del suo ruolo?

Dal 2014 ricopro il ruolo di Responsabile della Supervisione Scientifica. È un’area strategica nella Fondazione, costituita da professionisti con una formazione scientifica in ambito biomedico e una specializzazione in comunicazione della scienza. Abbiamo diversi compiti: gestire i ricercatori e i progetti di ricerca sostenuti ogni anno dalla Fondazione Umberto Veronesi, produrre i materiali a contenuto scientifico o controllarne la correttezza, e naturalmente ci occupiamo di divulgazione scientifica in molteplici modalità. Realizziamo video e post per i canali social, progettiamo mostre e laboratori per le scuole, organizziamo incontri con cittadini e aziende sui temi della prevenzione, degli stili di vita, della diagnosi precoce dei tumori ma anche della ricerca in senso più generale. L’obiettivo finale è, come da mission statutaria di Fondazione Umberto Veronesi, di costruire un ponte tra il mondo della ricerca e la società, con informazioni gratuite, affidabili e alla portata di tutti. Avere un’informazione corretta in ambito biomedico è essenziale per la propria autodeterminazione e per compiere scelte consapevoli e libere.

  • Che cosa rappresenta per lei la cultura scientifica?

Per me è motore di sviluppo sociale e culturale per una cittadinanza consapevole e informata, presupposto di ogni moderna società democratica. È la stessa filosofia che animava il nostro fondatore, il Prof. Umberto Veronesi, la cui eredità morale è stata raccolta e viene portata avanti ogni giorno dall’operato della Fondazione Umberto Veronesi.

  • Può condividere con noi la sua visione del ruolo delle donne nella ricerca e, più in generale, nella scienza?

Se ripercorriamo la storia delle scoperte scientifiche e tecnologiche, di figure femminili ne troviamo ben poche. La storia della scienza è principalmente una storia di scienziati uomini; a prima vista questo sembrerebbe confermare il luogo comune che le donne siano meno portate per discipline tecniche: ma è davvero così, o è semplicemente una storia di mancate opportunità? Fino a buona parte del Novecento, le donne non avevano gli stessi diritti degli uomini, e men che meno gli stessi diritti all’istruzione. Perché le donne, quando gliene viene data la possibilità, sanno fare grandi cose nella scienza, sebbene per emergere devono generalmente lavorare di più dei colleghi uomini, e devono ancora superare numerosi pregiudizi e condizionamenti sociali. Ma la scienza non ha più dubbi: “il cervello non ha sesso”, e non esiste nessuna base biologica che giustifichi una maggiore o minore predisposizione delle donne per le materie scientifiche e tecnologiche. Oggi sempre più ragazze, per fortuna, scelgono una carriera scientifica, anche in Italia. Oltre il 60% dei ricercatori nelle scienze biologiche e biomediche, ad esempio, sono donne. Quest’anno come Fondazione Veronesi sosteniamo 141 ricercatori selezionati sulla base dell’eccellenza del loro curriculum e dell’innovatività del progetto: di questi 141, 101 sono donne, cioè il 71,6%. La scienza e l’innovazione tecnologica sono l’unica alternativa possibile per un futuro sostenibile e per società più giuste e le donne potranno e dovranno essere protagoniste del cambiamento.

  • Scienziata, divulgatrice, madre e anche scrittrice. Come riesce a coniugare tutti questi mondi?

Me lo chiedono sempre tutti. In realtà faccio come fanno tantissime mamme lavoratrici. Le parole d’ordine sono: organizzazione, spirito di adattamento e pazienza. Inoltre, tutti questi mondi sembrano scollegati, ma in realtà sono interconnessi fra loro. Pe fare buona scienza occorre creatività e pensiero laterale, per aprire nuove strade mai esplorate prima, ma nella esecuzione di esperimenti occorre precisione e metodo. Ed è così anche quando si progetta un libro o un prodotto di divulgazione: la fantasia è necessaria per trovare sempre nuovi linguaggi e modalità per arrivare al cuore del pubblico, ma senza rigore non si riesce a concretizzare il risultato.

  • Cosa l'ha spinta a scrivere e a occuparsi di letteratura per ragazzi?

Della letteratura per ragazzi mi piacciono, tra gli altri, tre aspetti in particolare: la versatilità di poter spaziare tra diverse modalità e diversi linguaggi in base all’età del lettore (albo illustrato, breve racconto, romanzo), la soddisfazione (ma anche la grande responsabilità) di contribuire con una buona storia alla crescita personale ed emotiva di una persona, e la possibilità di incontrare di persona lettori e lettrici, l’entusiasmo che i bambini e le bambine restituiscono quando hanno davanti agli occhi colui o colei che ha scritto la storia appena letta è davvero impagabile.

  • Chi è il personaggio dei suoi libri che le sta più a cuore?

È una domanda difficile; è come chiedere a una mamma quale sia il figlio preferito. Lo sono tutti, perché ognuno è diverso. Tra i miei ultimi libri, cito i due dedicati alla figura di Rosalind Franklin, biochimica e cristallografa inglese, e una delle menti più brillanti del Novecento. Fu lei scattare le prime fotografie ai raggi X del DNA. Le ho dedicato due libri, una sua biografia romanzata (Rosalind, la signora del DNA, Coccole books 2022) e un thriller dove la realtà storica e scientifica si mescola a eventi e personaggi di fantasia (Foto 51, il segreto del DNA).

  • La creatività può essere terapeutica?

Certamente. L’atto del creare ti obbliga a portare fuori da te qualcosa di personale e intimo e ha un vero potere “terapeutico” per la psiche.

LA STORIA DI ASIA

“Questa sono io solo due anni fa.”

A 10 anni, in pieno lockdown, Asia scopre di avere un tumore ed entra in ospedale per affrontare la sua sfida più grande. Per superare questo momento inizia a disegnare, raccontando se stessa e le sue emozioni. Dopo un trapianto di midollo, la svolta arriva grazie a un nuovo farmaco, che le ha permesso di stare meglio e di tornare a casa dalla sua famiglia.

Scopri di più sulla storia di Asia e sostieni la ricerca dei tumori pediatrici

 

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